TERAMO – Al di là dell’iter parlamentare che prenderà l’abolizione delle Province, su un punto i sindaci dei principali Comuni del teramano sembrano essere tutti d’accordo, e cioè che l’accorpamento con L’Aquila "non s’ha da fare". Più preoccupato di tutti è il sindaco di Teramo, che teme la perdita del ruolo di capoluogo con tutto quello che comporta: in primis la soppressione dei presìdi territoriali di tanti uffici pubblici, un esempio tra tutti è la prefettura, ma anche le responsabilità e gli oneri connessi a servizi importanti come ad esempio la manutenzione e l’edilizia scolastica. I Comuni sono infatti economicamente autonomi nella gestione e copertura delle spese legate ai plessi comunali, che vengono assicurate anche dalle rette delle famiglie. Qualora ai Comuni vengano trasferite anche le competenze degli istituti superiori, frequentati per lo più da pendolari (che pagano tasse in altri municipalità), le spese correnti aumenterebbero a dismisura, e sembra non essere ancora chiaro a nessuno come far fronte a questo in assenza di trasferimenti statali e nuove tasse. Fortemente contrario all’accorpamento con l’Aquila, pur ribadendo di non aver nulla contro i vicini aquilani, è il sindaco Maurizio Brucchi che dichiara a chiare lettere che il decreto sulla Spending Review è «irrispettoso delle identità territoriali e penalizzante per quegli enti che sono più a stretto contatto con i cittadini». «Teramo e L’aquila sono due realtà completamente diverse, ma soprattutto non si comprende il risparmio che questo comporterebbe secondo il Governo visto che ai Comuni vengono trasferite solo più competenze senza individuare le risorse con cui gestirle. Inoltre è già difficile avere il governo del territorio con quattro province, cosa succederebbe accorpandole?. Chi vive nelle stanze a Roma non conosce le difficoltà, le tipicità e il tessuto sociale dei singoli territori. Basta chiedere sacrifici ai cittadini. Questo provvedimento parte dalla coda invece che partire dalla testa. A questo proposito, perché a Roma non si decide di ridurre i ministri, o di azzerare i vitalizi?. “Mi dichiaro contrario – ha proseguito il sindaco – all’abolizione delle province, ma se questo va fatto allora che vengano abolite tutte e i poteri ripartiti tra Regioni e Comuni. La via dell’accorpamento appare solo come una mezza misura per accontentare i poteri forti, ovvero le grandi province. E’ impensabile che sia il numero degli abitanti un parametro sufficiente per effettuare simili tagli». Concorda su queste posizioni anche il sindaco di Roseto, Enio Pavone, proccupato anch’egli dalla confusione sulle competenze in materia di strade, scuole e fermo nel ribadire che il percorso intrapreso è di difficile attuazione oltre che penalizzante per i sindaci e i cittadini. E verso l’abolizione di tutte le Province guarda anche il sindaco di Giulianova, Francesco Mastromauro, secondo cui oltre a una redistribuzione di competenze tra Regione e Comune, andrebbe redistribuito anche il personale tra i rispettivi enti. «La pubblica amministrazione si sta depauperando di competenze anche per via del blocco delle assunzioni. Attualmente chi va in pensione non può essere sostituito, è l’ingresso di nuovo personale potrebbe darci una boccata d’ossigeno. Penso ad esempio al mercato ittico di Giulianova o alla piscina comunale. Questo decreto non ottimizza nulla – ha detto Mastromauro – . È un provvedimento pasticciato che introduce solo elementi di contrasto tra territori di cui non c’è bisogno. Auspico piuttosto che i parlamentari teramani prendano una posizione forte per scongiurare l’accorpamento».
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